La digitalizzazione trasforma le nostre abitudini quotidiane

Oggi in TV

Negli ultimi dieci anni, la digitalizzazione ha progressivamente modificato il nostro modo di vivere, spesso senza che ce ne accorgessimo. Quella che poteva sembrare un’innovazione utile solo in ambiti specialistici si è insinuata nella quotidianità, ristrutturando silenziosamente ogni gesto, ogni abitudine. Dalla spesa settimanale alla chiacchierata al bar, dalle visite mediche al gioco tra amici, oggi tutto è mediatizzato da uno schermo, una connessione e una piattaforma. La tecnologia non si limita più a supportare la routine: ne è diventata parte integrante.

digitalizzazione trasforma nostre abitudini quotidiane

La spesa: dal carrello fisico a quello digitale

Fino a pochi anni fa, fare la spesa era un gesto rituale, quasi sociale: ci si recava al supermercato, si incrociavano sguardi e si scambiavano battute con cassiere e altri clienti. Oggi, milioni di persone preferiscono affidarsi a piattaforme digitali per ordinare online e ricevere la spesa a casa, senza dover uscire. App come Everli, Glovo, Amazon Fresh o i servizi digitali di Coop, Conad e Carrefour hanno trasformato il carrello della spesa in un algoritmo personalizzato, che suggerisce i nostri prodotti preferiti, ci avvisa delle offerte, e ricorda perfino quello che stavamo per dimenticare.

Questo cambiamento, che può sembrare solo comodo, in realtà riflette un nuovo paradigma culturale: il valore del tempo personale è diventato centrale, e la tecnologia lo protegge, automatizzando o semplificando tutto ciò che prima richiedeva uno sforzo organizzativo. La spesa digitale è anche una risposta concreta per le persone con difficoltà motorie, per i lavoratori full time e per chi vive in aree isolate: per molti, non è un’alternativa, ma l’unica soluzione possibile.

La socializzazione nell’era del wi-fi

Un tempo c’era il bar sotto casa, il circoletto o il club dove ci si ritrovava la sera, dopo il lavoro, per chiacchierare, giocare a carte o semplicemente condividere il silenzio. Oggi, questi luoghi non sono spariti, ma hanno perso centralità, soprattutto tra i più giovani. Al loro posto sono nati spazi digitali, dove si socializza, si ride e si gioca… senza incontrarsi davvero.

Uno degli esempi più emblematici è rappresentato dalle piattaforme di blackjack live. Si tratta di giochi da tavolo trasmessi in diretta streaming, in cui un croupier reale guida il gioco, interagendo con i partecipanti collegati da ogni parte del mondo. Il tutto avviene in ambienti digitali curati, con grafica realistica e possibilità di chattare, salutarsi, scherzare. Non si tratta solo di gioco, ma di ricreazione dell’esperienza sociale del casinò o del circolo, in chiave moderna. È un modo per sentirsi parte di una comunità anche da soli, per ritrovare il gusto dell’interazione senza la necessità della presenza fisica.

Uffici, sportelli e sanità: burocrazia a portata di clic

Uno dei settori più rivoluzionati è quello della Pubblica Amministrazione. Oggi, grazie all’identità digitale (SPID e CIE), possiamo prenotare una visita medica, consultare un referto, inoltrare una richiesta all’INPS o richiedere un bonus famigliare senza mai recarci in un ufficio. Una trasformazione che ha impatti enormi: meno code, meno tempo perso, meno carta. Anche il settore sanitario, spinto dall’emergenza Covid, ha accelerato l’adozione di servizi digitali. Il fascicolo sanitario elettronico è oggi accessibile in quasi tutte le regioni italiane, e sta cambiando il rapporto tra medico e paziente, rendendolo più rapido, efficiente e tracciabile. Ma non è solo una questione di tecnologia. Si tratta di un nuovo contratto sociale: quello in cui il cittadino diventa un utente, e lo Stato un fornitore di servizi in tempo reale.

Lavoro, formazione e tempo libero: una vita da remoto

Anche il lavoro ha subito una trasformazione radicale. Lo smart working, una volta concesso solo in aziende illuminate o in settori tecnologici, è oggi una modalità riconosciuta, regolamentata e preferita da molte imprese. Intere riunioni si svolgono su Zoom, progetti collaborativi si sviluppano su Slack, documenti condivisi viaggiano su Google Drive o Notion. La sede di lavoro non è più un luogo, ma un dispositivo.

Lo stesso vale per la formazione. Università, scuole superiori, corsi professionali e master sono ormai ibridati: aula fisica e piattaforma digitale convivono, con studenti che seguono da casa, interagiscono su forum, inviano compiti tramite app e sostengono esami online.

Anche l’intrattenimento si è spostato sul digitale: dal cinema (Netflix, Prime Video) alla musica (Spotify, YouTube Music), passando per le nuove forme di socializzazione come Twitch o Discord, le piattaforme digitali sono diventate i nuovi spazi pubblici, privati e culturali.

La cultura della presenza è cambiata

Per comprendere davvero il senso profondo di questa trasformazione, abbiamo scelto di riportare il pensiero di Fausto Colombo, tra i più autorevoli studiosi italiani in tema di media e comunicazione, scomparso nel gennaio 2025. Professore di Teoria e tecniche dei media presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Colombo ha dedicato la sua carriera all’analisi critica dei cambiamenti culturali legati alla digitalizzazione. 

In un’intervista rilasciata ad Agenda Digitale, affermava: «La digitalizzazione non cambia solo le pratiche, ma la cultura della presenza. Vivere un evento, parlare con qualcuno, fare acquisti… tutto si sposta in una logica in cui la presenza non è più solo fisica, ma anche simbolica e relazionale.»

Secondo Colombo, la sfida da affrontare non è solo tecnica, ma profondamente culturale. Il digitale ci ha dato nuovi strumenti, ma – come sottolineava con lucidità – dobbiamo ancora imparare a usarli con consapevolezza, equilibrio e senso critico.

Una quotidianità nuova, tutta da imparare

La digitalizzazione non ha solo semplificato le nostre vite. Le ha anche rese più fluide, connesse, ma anche meno stabili. Ci ha permesso di risparmiare tempo, ma ci ha fatto perdere alcune ritualità. Ha avvicinato persone lontane, ma ha anche allontanato chi era vicino. In questa nuova quotidianità, dobbiamo imparare a ricostruire i nostri spazi, i nostri legami, le nostre abitudini. La tecnologia non è né buona né cattiva: è uno specchio dei nostri desideri e delle nostre paure. Sta a noi decidere se usarla per migliorare la qualità della nostra vita… o per sostituirla.

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